Gervais Yao Kouassi (Gervinho) - Sul tappeto volante
All’ origine deriso e disprezzato, macchiato da quel buffo aspetto che lo avvicinava ad uno dei tanti ragazzi che si vedono sulle spiagge d’estate, con negli occhi un brillume di speranza di chi di strada ne ha fatta e ne dovrà ancora fare, quella speranza che puo essere talvolta rivolta in un tappeto.
Gervais sul tappeto ci ha iniziato a giocare, quando i primi calci in Africa erano solo un gioco, scalzo.
Il suo primo trofeo è stato un paio di scarpini, un trofeo ambitissimo, dato che lo ricevevano solo i piu bravi.
L’ Europa e tutto il resto sono venuti dopo.
Oggi idolo incontrastato del popolo giallorosso (Capitano permettendo), eroe silenzioso di altri tempi, di un calcio che non esiste piu.
Il pallone è troppo lento tra le sue gambe, il vento è solo d’accompagno perché lo provoca quando si accende sulla fascia, a ricordare la spensieratezza di quando si gioca su un campo inventato di li a poco, con i muri a fare da falli laterali e le porte composte da pali che soltanto l’immaginazione di un bambino può creare.
Non gli serve il batti muro però a Gervais per saltare gli avversari, lui il pallone lo fa danzare sulle linee come i cavalieri fanno con le loro belle, lo accarezza e lo coccola per far si che la sfera non lo tradisca proprio sul piu bello.
Cosi si infila negli spazi piu segreti, quelli che non tutti possono vedere, e il pallone è diventato per lui, molto di piu di un semplice brillume.
L’ emozione del dribbling è nel calcio ancora oggi la piu bella, anche piu del gol se questo è soltanto l’ultimo mattone di una casa già costruita meravigliosamente; si perché l’architetto Gervais il gol prima lo inventa, lo disegna e poi inizia a costruirlo aspettando solo che qualcun altro finisca la sua splendida opera.
In uno sport fisico e atletico che lascia spazio a pochissimi momenti di calcio, Gervais fa tornare in mente le emozioni tramandateci dai suoi vecchi avi, Conti, Garrincha, Figo.
Gervais è il suo vero nome, perché per diventare Gervinho c’è voluto del tempo, c’è voluto far vedere che i brasiliani non nascono soltanto in Brasile, e lo ha dovuto fare da scalzo.
I meriti non gli interessano, a Gervais non serve fare gol o prendere gli applausi della gente, perché sa da dove è venuto, e da dove viene lui basta il pallone tra le gambe per essere felici.
Poi arriva il fischio dell arbitro, come una voce di madre che richiama i propri piccoli a se perché è pronta la cena, e tutto diventa piu triste senza il pallone.
Si puo essere eroi anche se non si è Superman o se non si dirige l’orchestra, loro hanno la fama ma molto spesso le spalle hanno il merito.
Gervais ha il pallone!!
E sa da dove è venuto, con il suo tappeto volante.